Gli obiettivi della Cina nella partita ucraina

di Luca Mozzi

A un anno esatto dall’inizio della guerra in Ucraina, la Repubblica Popolare Cinese ha redatto un documento di dodici punti contenente una serie di principi finalizzati ad una de-escalation del conflitto. Redatto in maniera semplice ed incisiva, questo paper tocca varie tematiche, presentando alcuni punti apertamente in contrasto all’invasione russa dell’Ucraina ed altri che ammiccano tacitamente al vicino settentrionale. E’ proprio questa ambiguità nei confronti della Russia a rendere significativo il documento, in quanto rappresenta un abile strumento per analizzare gli interessi cinesi nella guerra in Ucraina e lo stato delle relazioni sino-russe stesse, dopo un intero anno di sanguinoso conflitto.

Sebbene il documento esordisca (primo punto) con una decisa affermazione sulla necessità di rispettare la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di ogni nazione, segue subito un’affermazione (secondo punto) che insiste sulla necessità di abbandonare la “mentalità da guerra fredda”, cioè l’idea di perseguire la propria sicurezza a scapito di quella altrui, specialmente tramite l’espansione dei blocchi militari. Se il primo punto è un chiaro riferimento all’aggressione russa, nel secondo punto si può invece leggere una critica tanto a Mosca quanto a Washington che, tramite la sua egemonia militare minaccia gli interessi strategici cinesi, specialmente nel contesto indopacifico. Il paper continua quindi facendo riferimento ai diritti umani, alla sicurezza degli impianti nucleari, alla necessità di continuare con i dialoghi di pace e ponendo particolare enfasi sull’aspetto economico, protagonista degli ultimi quattro punti. 

(Credits: flickr.com)

Per quanto nelle cancellerie occidentali l’alleanza russo-cinese sia paventata sin dagli inizi della guerra, le due potenze non sono ancora riuscite infatti a trovare un loro equilibrio all’interno della guerra. Sebbene in questa fase storica Xi e Putin condividano l’aspirazione di spezzare il giogo dell’unipolare egemonia americana sul mondo, è difficile pensare ad una anche blanda alleanza tra Cina e Russia; gli interessi in comune sono infatti troppi e la prossimità geografica è tale da far quasi combaciare i ventri molli delle due potenze: la Siberia Meridionale russa con la Mongolia Interna cinese. L’avvicinamento tra Russia e Cina è una questione complicata anche poiché, con la guerra in Ucraina, la Cina si è vista danneggiata aspramente su due fronti: sia su quello dell’immagine internazionale (elemento cardine del soft power di una nazione), in quanto Xi e Putin si erano dimostrati molto vicini nella fase immediatamente precedente al 24 febbraio, che su quello strategico-infrastrutturale. La guerra in Ucraina ha compromesso infatti lo sviluppo delle Nuove Vie della Seta, uno dei principali vettori di potenza (economica e non) della Repubblica Popolare. Specialmente colpite sono state le porzioni settentrionali del progetto infrastrutturale, come il corridoio ‘Cina-Mongolia-Russia’ e quello ‘New Eurasian Land Bridge’, che vedevano nell’Ucraina uno snodo fondamentale per i commerci verso l’Europa Occidentale. Nell’Ucraina stessa, gli investimenti cinesi, che ammontavano a svariati miliardi fino al 2022, sono andati perduti. Tra i più importanti figurano quelli per il porto di Odessa, per la ferrovia e per la metropolitana nell’Oblast’ di Kiev, e quelli nel settore energetico, specialmente in quello delle rinnovabili.

L’idea di diffondere questo documento, ufficialmente denominato ‘Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina’, che dedica grande attenzione al diritto internazionale, ai diritti umani e alla pace tra popoli, risponde alla volontà della Cina di rilanciare la propria immagine, specialmente agli occhi dell’Occidente, proponendosi come potenza neutrale. Allo stesso tempo, i toni generici e ambigui di questo piano di de-escalation testimoniano come la Cina non abbia interesse nell’auto conferirsi il ruolo di mediatore nel conflitto ucraino né tantomeno abbia intenzione di fare una scelta di campo, quanto invece senta la necessità di intervenire in questa partita per legarla ai suoi interessi strategici. L’aspetto economico menzionato nel documento ne è un esempio: nel paper la Cina si auspica infatti di porre un termine alle sanzioni unilaterali, di mantenere la stabilità delle supply chains e di promuovere la ricostruzione dell’Ucraina. 

Le nazioni sanzionate dagli USA(Credits: Wikimedia Commonns)

Il tema relativo alle sanzioni unilaterali e alla stabilità delle supply chains, ad esempio, è applicabile tanto allo scenario russo quanto a quello cinese. Le sanzioni poste dagli Stati Uniti alla Cina dal 2018, specialmente nel settore della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, hanno causato un grande danno all’economia cinese, precludendo lo sbocco di determinati prodotti cinesi sul mercato americano ed occidentale. Nel caso concreto, ad esempio, le sanzioni americane sono state le artefici del collasso del gigante delle telecomunicazioni Huawei (che nell’ultimo trimestre del 2020 ha visto le sue vendite crollare del 42%), che si è visto costretto ad investire nel settore dell’allevamento suino e in quello minerario. Allo stesso modo, specialmente negli ultimi mesi, le sanzioni americane hanno toccato le importazioni cinesi di componentistica per software e apparecchiatura tecnologica, colpendo duramente la catena produttiva dell’alta tecnologia cinese. È dell’ottobre scorso, infatti, la decisione di Biden di limitare a compagnie cinesi la vendita di semiconduttori, materiale necessario per la realizzazione di microchip, essenziali tanto per la produzione di elettrodomestici quanto anche per la realizzazione di tecnologia militare o spaziale.

Nonostante le pessime performance dell’economia cinese del 2022 dovute ai precari equilibri globali e alla mala gestione della pandemia di COVID-19, il gigante asiatico continua la sua crescita economica e necessita per questo di espandersi verso nuovi mercati. In questo senso si legge la (decisamente prematura) dichiarazione cinese (dodicesimo punto del documento) di voler ricostruire l’Ucraina, mossa che permetterebbe all’Impero di Mezzo di investire l’efficientissima manodopera cinese nel ricostruire un paese che nell’anteguerra aveva nella Cina il suo principale partner commerciale. 

Gli Stati Uniti, insieme a NATO ed Unione Europea, non appoggiano in alcun modo una mediazione cinese nella partita ucraina, definendo Pechino poco credibile e troppo vicino agli interessi russi. Per questo motivo, in seguito alla pubblicazione del documento cinese si è allertata l’opinione pubblica su un possibile avvicinamento russo-cinese. Al centro del dibattito vi è la possibilità di un futuro trasferimento di attrezzature militari dalla Cina alla Russia, scenario sul quale però Xi si è dimostrato finora saggiamente molto cauto, evitando l’esportazione in Russia di materiale bellico. Dall’inizio della guerra, la Russia ha comunque aumentato di oltre il 30%  le sue esportazioni di materie prime verso la Cina, paese decisamente energivoro e che ha beneficiato largamente della preclusione dei prodotti russi sui mercati europei.