La ricerca di un appartamento – come evitare di soggiornare sotto uno dei ponti della Senna

di Jennifer Ferluga 

Chi di voi, cari lettori, ha visto il film d’animazione Ratatouille, ricorderà che il giovane protagonista di origini italiane, Alfredo Linguini, abita in un modesto monolocale, sotto il tetto di un vecchio condominio parigino ma con una straordinaria vista sulla Torre Eiffel. Un simile appartamento così minimale e all’apparenza economico, in realtà, costerebbe molto più di quanto si possa immaginare, solo per la vista sulla Tour Eiffel. Infatti se ci si trova vicino al centro o se la finestra inquadra anche solo lo spigolo di Notre-Dame, allora il prezzo dell’allocazione schizza alle stelle. Naturalmente dipende molto anche dalla grandezza dell’appartamento, ma non è raro trovare 9 miseri metri quadri (sì, avete letto bene: nove) a più di 600 euro mensili. E per quanto all’inizio avessi anch’io la stessa espressione scioccata che avete voi in questo momento, più tardi ho cominciato a prenderci l’abitudine e a tenere in considerazione pure l’alloggio in questi piccoli monolocali.

Un palazzo parigini, credits: Jennifer Ferluga

La concorrenza immobiliare era ad alti livelli. Giusto per rendere l’idea, se a Trieste per chilometro quadrato troviamo circa duemila abitanti, a Parigi ne troviamo più di venti mila. E’ inevitabile che in simili circostanze la caccia agli appartamenti nella capitale francese sia peggio degli Hunger Games. Io non ero studentessa Erasmus. Mi ero già laureata l’estate precedente e avevo deciso di trasferirmi e lavorare all’estero per conto mio, con tutte le difficoltà che sarebbero conseguite. Perciò mi sono creata profili nei siti internet più inimmaginabili, pur di trovare casa. Mi sono iscritta a pagine Facebook, siti immobiliari francesi e addirittura in una specie di comunità online esclusiva che mi dava l’impressione di essere un sito d’incontri per cristiani convinti, ma che alla fine si è rivelato più utile di quel che sembrava. Per entrare in questa sorta di circolo di fedeli, bisognava essere raccomandato da un membro che si trovava già all’interno del gruppo e per pubblicare annunci era necessario conoscere qualcosa come altre 5 persone. Minimo. Per una come me, che era appena arrivata in Francia, sembrava una sfida impossibile. Eppure con i giusti agganci ce l’ho fatta e più avanti questo sito si è rivelato utile: sono riuscita a trovare qualcuno a cui vendere la mia lavatrice. Poi il fatto che questo buon cristiano non si sia presentato all’appuntamento è un’altra storia.

Credits: Jennifer Ferluga

Ma la vera tragedia è nata quando ho scoperto che non solo gli appartamenti a Parigi costavano parecchio, ma che i rispettivi proprietari non accettavano i miei genitori come garanti, poiché di nazionalità estera. Questo è stato il primo ostacolo interculturale con cui ho dovuto avere a che fare. Non c’era via di scampo: per il proprietario medio francese io ero una povera ragazza del Sud d’Europa con uno stipendio instabile e i cui unici garanti erano degli italiani inaffidabili. Mi sono chiesta più volte se fosse una questione di sicurezza o se fosse semplicemente razzismo mascherato. Qualsiasi fosse la causa, per la prima volta mi sono sentita un’esclusa, l’outsider della situazione, un Außenseiter, come scriverebbe Kafka, una persona discriminata. E avevo appena messo piede nel suolo francese. Nonostante ciò ho lasciato alle spalle i pregiudizi, non mi sono data per vinta e dopo una serie di lunghe ricerche, vicoli ciechi e suppliche in ginocchio, ho potuto fare visita ad un paio di immobili. 

Il primo appartamento si trovava nel 10° arrondissement, all’interno di un tranquillo e sicuro cortile interno. Appena usciti dal portone, si finiva in una stretta strada piuttosto trafficata con una piccola gelateria italiana dal nome “Baci Bisou” che mi aveva subito conquistata. Era una zona perfetta, non esattamente in centro ma nemmeno troppo lontano da non poterci arrivare a piedi. L’appartamento si disponeva su due piani, era moderno e soprattutto… aveva la lavatrice. 

Credits: Jennifer Ferluga

Ho inviato subito tutti i documenti richiesti per la candidatura: carta d’identità, contratto di lavoro, IBAN, la carta d’identità dei miei genitori e di mio fratello, assieme ai loro ultimi tre salari, e la dichiarazione di residenza. Purtroppo, nonostante tutto questo pot-pourri di carte, la risposta che ho ricevuto è stata letteralmente: “Bonjour Madame, i Suoi garanti devono dichiarare le proprie entrate in Francia. Non mi pare che sia il caso suo. Cordialmente.” Mi sono messa le mani nei capelli e da quel momento una forte ansia mi ha accompagnato lungo tutto il resto della ricerca, timorosa di non riuscire mai a trovare casa per quel motivo. Per fortuna il mondo è anche ricco di persone cordiali e meno diffidenti e durante la visita ad un altro piccolo appartamento che dava su una piazzetta con una chiesa in stile gotico, il proprietario mi ha sorriso, dicendomi che non era un problema se i miei garanti fossero italiani: lui si fidava e se avessi voluto, quell’appartamento sarebbe stato mio. Inaspettatamente però gli ho detto di no. Era incredibile, ma qualche giorno prima di questa visita mi era stata offerta una seconda opzione. Mi sembrava impossibile che dopo settimane di ricerca, mi fosse stato pure concesso il lusso di poter scegliere tra due possibilità.

La mia scelta finale, ovvero quella che sarebbe stata casa mia per i seguenti mesi, era un appartamentino tutto mio, piccolo ma confortevole, a mezz’ora in metro dal centro e a pochi minuti a piedi dalla Senna. La proprietaria era proprio un personaggio ma la sua descrizione da villain della Disney richiederebbe un altro articolo intero. Però poco aveva importanza. Intanto potevo stare sdraiata su un comodo lettuccio a due piazze, davanti a due ampie finestre luminose che davano sui famosi tetti blu, nella quiete di un tranquillo arrondissement parigino. E no, non avevo vista sulla Torre Eiffel, ma quando calava la notte, potevo vedere chiaramente la sua luce a intermittenza lampeggiare tra le case del vicinato.